La Mostra
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La musica elettronica, con i suoi ritmi pulsanti e i suoi paesaggi sonori futuristici, è diventata un fenomeno culturale negli ultimi anni. E' un genere che ha rivoluzionato il mondo della musica e dello spettacolo e si basa su strumenti musicali elettronici, come sintetizzatori, drum machine e computer, per creare suoni e ritmi unici. La musica elettronica esiste dagli anni '50, ma è stato solo negli anni '80 che è diventata mainstream. Uno dei vantaggi più significativi della musica elettronica è la sua versatilità. Può essere utilizzato per creare qualsiasi genere musicale, dall'hip hop alla techno alla classica, alla drone.
Un altro aspetto importante della musica elettronica è il ruolo della tecnologia. Senza tecnologia la musica elettronica non esisterebbe. L'uso di computer, software e hardware ha permesso agli artisti di creare suoni complessi e intricati che non sarebbero possibili con strumenti tradizionali. La tecnologia ha anche reso più facile per gli artisti collaborare tra loro e condividere la propria musica con un pubblico globale.
Infine, la musica elettronica è spesso accompagnata da straordinarie arti grafiche, come copertine di album, video musicali e immagini sul palco. Questi elementi visivi sono importanti tanto quanto la musica stessa, poiché aiutano a creare un'esperienza sensoriale completa per il pubblico. La combinazione di musica e arte visiva è ciò che rende la musica elettronica così unica e accattivante.
Se la musica elettronica viene creata utilizzando software e hardware digitali, anche le arti grafiche possono essere realizzate utilizzando programmi come Photoshop e Illustrator. La tecnologia da sola non basta, però . Ci vogliono creatività e abilità per creare musica elettronica e arti grafiche che si distinguano davvero. Ci vuole una profonda comprensione del mezzo e la volontà di spingere i confini di ciò che è possibile ed è questo che rende la musica elettronica e le arti grafiche così eccitanti. Sono in continua evoluzione, spingono costantemente i limiti di ciò che è possibile. E mentre la tecnologia continua ad avanzare, lo faranno anche le sue applicazioni.
Quindi la prossima volta che sei a un concerto o ascolti il tuo album preferito, prenditi un momento per apprezzare non solo la musica, ma anche l'arte visiva che la accompagna. Perché la loro fusione rende il risultato qualcosa di speciale.
Come in questo evento.
P.S.: tutte le immagini promozionali del sito, non quelle degli artisti e dello staff, sono state create dall'intelligenza artificiale...
IN ESPOSIZIONE DAL 12 AL 14 LUGLIO
Presso "C'è Simone" e MAP (Museo dell'Arte Plastica)
Angelo Giuseppe Bertolio
Mornago (VA), 1934 - Barasso (VA), 2009
pittore, incisore
Pittore e incisore, i suoi interessi artistici si concretizzano in maniera articolata a partire dalla fine degli anni sessanta quando comincia a focalizzare una adesione ai principi della creazione geometrica, visuale, modulare. Nel 1976 arriva all'Architettura totale di un quadrato. Nasce il modulo che permette all'artista di ottenere un numero illimitato di forme archetipiche in bidimensione che si sviluppano in nuove forme iconografiche.
Nel corso della sua articolata e sfaccettata produzione, grazie all'incontro con G.F.Maffina, diventa l'illustratore ufficiale delle produzioni discografiche legate al Prix Russolo, di cui si parlerà nella conferenza di Domenica 14 Luglio.
Scrivono di lui:
L'arte costruttiva di Angelo Giuseppe Bertolio
Luigi Piatti
Luigi Piatti
Angelo Giuseppe Bertolio nasce a Mornago nel 1934. A causa del trasferimento della sua famiglia per motivi di lavoro, vive l'infanzia e la giovinezza in un piccolo paese sul Lago di Garda, Roè Volciano, nei pressi di Salò. Terminati gli studi presso l'ITIS di Bergamo (diploma in tessitura), ritorna nel Vaserotto, a Besnate, dove inizia un'attività artigianale.
Subito si interessa di culture primitive - dalla pittura schematica iberica alla cantabrica, alla pittura fittile di Kanis, alla dauna e apula, eccetera - trovando in esse, dapprima, grande aiuto per assimilare la lezione di maestri gome Gauguin e Matisse, Picasso e Kandinskij, Cèzanne e Mondrian, e poi stimolo e ispirazone per la sua arte.
Dal 1970 vive e lavora a Barasso.
Subito si interessa di culture primitive - dalla pittura schematica iberica alla cantabrica, alla pittura fittile di Kanis, alla dauna e apula, eccetera - trovando in esse, dapprima, grande aiuto per assimilare la lezione di maestri gome Gauguin e Matisse, Picasso e Kandinskij, Cèzanne e Mondrian, e poi stimolo e ispirazone per la sua arte.
Dal 1970 vive e lavora a Barasso.
A Barasso, all'inizio della impervia strada che porta alla località "Piano", sulla destra c'è un cancello, anonimo come tanti cancelli. Il comune passante lo ritiene l'ingresso alla solita villa nel verde delle pendici del campo dei fiori e fa correre il pensiero al pure solito "milanese" agiato che lì viene a godersi le meritate ore di pace. Invece non è così; oltre quel cancello c'è "l'atelier delle idee" di Angelo Giuseppe Bertolio e il museo dei "prodotti" che da dette idee scaturiscono. Certamente innamorato dell'architettura, da lui intesa come la più grande avventura dell'uomo, Bertolio partì decenni orsono a studiare triangoli, cerchi e quadrati, ricavandone una progettazione fatta di opere bidimensionali su carta che si sviluppano poi in opere plastiche tridimensionali. E' questo il suo primo periodo, caratterizzato da titoli significativamente precisi: Architettura di un cerchio, di un triangolo, di un quadrato, eccetera. L'arcaismo greco, che significa essenzialità delle forme, spiritualizzazione dell'immagine, luce, spazio sono gli argomenti costanti che il Nostro persegue in opere sempre modulari, a significare la presenza - e il valore - della progettazione che sempre sottintende la valenza urbana.
Dice, infatti, Bertolio: "Nel mio caso, l'arte è stata legata alla spiritualizzazione, all'idealizzazione e al realismo. Per quanto riguarda le opere plastiche, queste sono nate appunto sulla scia della spiritualità antica, dove la riduzione della forma porta al loro carattere essenziale. Tecnicamente sono opere in metacrilato acromo dove il ritmo è ottenuto dal filtraggio dello spazio fra una lastra e l'altra, la luce è riflessa sui bordi delle lastre e l'essenzialità da le forme geometriche stesse".
L'evoluzione dei risultati porta poi Bertolio, ricercatore tenace e acuto, a ragionare sul processo di trasformazione della forma, a cercare, cioè, di capire come una cosa si trasforma in un'altra. Un discorso a rovescio rispetto alla situazione precedente. L'artista parte, infatti, dalla tridimensione per ottenere in bidimensione un numero illimitato di forme archetipe, elaborando le quali ottiene nuove forme iconografiche. Siamo, dunque, all'uso concettuale del "modulo" intercambiabile, che l'artista gestisce con arte per esprimere i suoi stati d'animo del momento, in un'estasi spirituale che sempre ha il fondamento dell'antico.
Architettura di un quadrato. Razionale Irrazionale Essenziale sono i titoli delle opere di questo periodo. Ne scrive nel 1981 Alberto Sartoris, sostenendo che "Angelo Giuseppe Bertolio" è uno dei maggiori protagonisti del necessario riesame positivo, concettuale e progettuale, di quella fervida stagione creatrice del movimento dinamico e della statica viva che ha prodotto il futurismo e il costruttivismo, missione che egli assume e compie con un impegno autentico veramente esemplare"; asserendo poi nella chiusa del testo che "una distribuzione murale di forme incisive a incroci lineari, angolari e ortogonali che ne sistemano il moto pianificatore, conferisce alla pittura scolpita e architettata di Angelo Giuseppe Bertolio la cadenza persuasiva di un canto geometrico e di un linguaggio spaziale, le cui sequenze definiscono le visioni mature, le formalizzazioni ritmate e le sontuosità armoniche del suo ardito e inconsueto dinamismo plastico".
Ho detto prima che Bertolio è un ricercatore tenace e acuto e che dietro quel cancello vive il suo "atelier delle idee". Il Nostro, infatti, non può accontentarsi di ciò che ha raggiunto: non è nella sua natura. Esplode dunque in lui la voglia del ricordo. Anzi, più che una voglia è l'esigenza di ricordare e di - interpretare la nostra storia occidentale, quella greca e soprattutto quella medioevale.
Siamo verso la metà degli anni ottanta e pare a Bertolio che la crisi dei valori in atto debba essere contrastata con un Simbolismo costruttivo che faccia riflettere in nome di una civiltà nostra che non va dimenticata. E' soltanto una breve parentesi di un lustro che produce opere. Poi c'è il ritorno verso il Costruttivismo. Ma non è un ripensamento. In effetti, se in Architettura di un cerchio, eccetera, e in Razionale Irrazionale Essenziale il riferimento all'architettura è volutamente evidente, ora è preminente, in forma orginale personale, il concetto basato sulla purezza di linee e di spazi sostenuti da colori primari. E' sempre il "modulo" il grande protagonista; viene però elaborato - cioè tagliato e ricomposto - al fine di ottenere collages che possono essere definiti, senza tema di smentita, l'espressione di uno stile che fa dell'ordine e della purezza i componenti fondamentali.
Da qualche anno, esattamente dal 1999, Angelo Giuseppe Bertolio aderisce al movimento internazionale Madì. E' un'altra avventura dello spirito che l'artista affronta con la convinzione delle proprie idee. Non ha da mettere in discussione un passato, anzi, è il momento di riproporlo con più energia, con dinamismo. Madì, infatti, libera l'artista "dalla costrizione della dimensione ortogonale": la schiavitù del "rettangolo" è finita; il movimento deve sostituire l'immobilità. Scrive tra l'altro Carmelo Arden Quin nel 2002: "Madì è sempre all'inizio del nuovo. E' in una rivoluzione permanente di creazione plastica. Madì ha la sua 'costante'. Questa costante è la poligonalità al di là dei quattro angoli. (...) Madì è Lucidità e Pluralità. Una presenza continua di semplice bellezza. Madì costruisce in continuazione il futuro. E ciò contro tutti gli opportunismi e le compromissioni di ogni genere". Niente di meglio per un Bertolio indifferente alle sirene del mercato, libero pensatore sempre, sulla scia di Orfeo, di Talete e di Pitagora, produttore instancabile e convinto di un'arte "difficile" per gli impreparati che non sanno che l'arte è creazione, cioè luce dell'intelletto. Insomma: un'eccezionale visione poetica che si gusta sì con gli occhi, ma soprattutto con lo spirito; e che invia al Piano, a Barasso, è a disposizione di chiunque voglia valicare quel cancello, anonimo come tanti cancelli, che conduce in una nuova, e perciò diversa, dimensione dell'essere.
Molti critici si sono interessati all'arte di Giuseppe Bertolio. Eccone un elenco abbastanza esaustivo: Gillo Dorfles, Gianfranco Maffina, Umbro Apollonio, Franco Passoni, Silvano Carpi, Bruno D'Amore, Luciano Caramel, Mario Radice, Luca Vinca Masini, Renzo Marchelli, Alberto Sartoris, Giorgio Segato, Luigi Zanzi, Silvana Colombo, Fabrizia Buzio Negri, Bruno Munari, Luigi Piatti, Giorgio di Genova, Ettore Ceriani, Michele De Luca, Giuseppe Strazzi.
Dice, infatti, Bertolio: "Nel mio caso, l'arte è stata legata alla spiritualizzazione, all'idealizzazione e al realismo. Per quanto riguarda le opere plastiche, queste sono nate appunto sulla scia della spiritualità antica, dove la riduzione della forma porta al loro carattere essenziale. Tecnicamente sono opere in metacrilato acromo dove il ritmo è ottenuto dal filtraggio dello spazio fra una lastra e l'altra, la luce è riflessa sui bordi delle lastre e l'essenzialità da le forme geometriche stesse".
L'evoluzione dei risultati porta poi Bertolio, ricercatore tenace e acuto, a ragionare sul processo di trasformazione della forma, a cercare, cioè, di capire come una cosa si trasforma in un'altra. Un discorso a rovescio rispetto alla situazione precedente. L'artista parte, infatti, dalla tridimensione per ottenere in bidimensione un numero illimitato di forme archetipe, elaborando le quali ottiene nuove forme iconografiche. Siamo, dunque, all'uso concettuale del "modulo" intercambiabile, che l'artista gestisce con arte per esprimere i suoi stati d'animo del momento, in un'estasi spirituale che sempre ha il fondamento dell'antico.
Architettura di un quadrato. Razionale Irrazionale Essenziale sono i titoli delle opere di questo periodo. Ne scrive nel 1981 Alberto Sartoris, sostenendo che "Angelo Giuseppe Bertolio" è uno dei maggiori protagonisti del necessario riesame positivo, concettuale e progettuale, di quella fervida stagione creatrice del movimento dinamico e della statica viva che ha prodotto il futurismo e il costruttivismo, missione che egli assume e compie con un impegno autentico veramente esemplare"; asserendo poi nella chiusa del testo che "una distribuzione murale di forme incisive a incroci lineari, angolari e ortogonali che ne sistemano il moto pianificatore, conferisce alla pittura scolpita e architettata di Angelo Giuseppe Bertolio la cadenza persuasiva di un canto geometrico e di un linguaggio spaziale, le cui sequenze definiscono le visioni mature, le formalizzazioni ritmate e le sontuosità armoniche del suo ardito e inconsueto dinamismo plastico".
Ho detto prima che Bertolio è un ricercatore tenace e acuto e che dietro quel cancello vive il suo "atelier delle idee". Il Nostro, infatti, non può accontentarsi di ciò che ha raggiunto: non è nella sua natura. Esplode dunque in lui la voglia del ricordo. Anzi, più che una voglia è l'esigenza di ricordare e di - interpretare la nostra storia occidentale, quella greca e soprattutto quella medioevale.
Siamo verso la metà degli anni ottanta e pare a Bertolio che la crisi dei valori in atto debba essere contrastata con un Simbolismo costruttivo che faccia riflettere in nome di una civiltà nostra che non va dimenticata. E' soltanto una breve parentesi di un lustro che produce opere. Poi c'è il ritorno verso il Costruttivismo. Ma non è un ripensamento. In effetti, se in Architettura di un cerchio, eccetera, e in Razionale Irrazionale Essenziale il riferimento all'architettura è volutamente evidente, ora è preminente, in forma orginale personale, il concetto basato sulla purezza di linee e di spazi sostenuti da colori primari. E' sempre il "modulo" il grande protagonista; viene però elaborato - cioè tagliato e ricomposto - al fine di ottenere collages che possono essere definiti, senza tema di smentita, l'espressione di uno stile che fa dell'ordine e della purezza i componenti fondamentali.
Da qualche anno, esattamente dal 1999, Angelo Giuseppe Bertolio aderisce al movimento internazionale Madì. E' un'altra avventura dello spirito che l'artista affronta con la convinzione delle proprie idee. Non ha da mettere in discussione un passato, anzi, è il momento di riproporlo con più energia, con dinamismo. Madì, infatti, libera l'artista "dalla costrizione della dimensione ortogonale": la schiavitù del "rettangolo" è finita; il movimento deve sostituire l'immobilità. Scrive tra l'altro Carmelo Arden Quin nel 2002: "Madì è sempre all'inizio del nuovo. E' in una rivoluzione permanente di creazione plastica. Madì ha la sua 'costante'. Questa costante è la poligonalità al di là dei quattro angoli. (...) Madì è Lucidità e Pluralità. Una presenza continua di semplice bellezza. Madì costruisce in continuazione il futuro. E ciò contro tutti gli opportunismi e le compromissioni di ogni genere". Niente di meglio per un Bertolio indifferente alle sirene del mercato, libero pensatore sempre, sulla scia di Orfeo, di Talete e di Pitagora, produttore instancabile e convinto di un'arte "difficile" per gli impreparati che non sanno che l'arte è creazione, cioè luce dell'intelletto. Insomma: un'eccezionale visione poetica che si gusta sì con gli occhi, ma soprattutto con lo spirito; e che invia al Piano, a Barasso, è a disposizione di chiunque voglia valicare quel cancello, anonimo come tanti cancelli, che conduce in una nuova, e perciò diversa, dimensione dell'essere.
Molti critici si sono interessati all'arte di Giuseppe Bertolio. Eccone un elenco abbastanza esaustivo: Gillo Dorfles, Gianfranco Maffina, Umbro Apollonio, Franco Passoni, Silvano Carpi, Bruno D'Amore, Luciano Caramel, Mario Radice, Luca Vinca Masini, Renzo Marchelli, Alberto Sartoris, Giorgio Segato, Luigi Zanzi, Silvana Colombo, Fabrizia Buzio Negri, Bruno Munari, Luigi Piatti, Giorgio di Genova, Ettore Ceriani, Michele De Luca, Giuseppe Strazzi.